Metabolismo osseo
PEMFEMF Campi Elettro Magnetici su osteoporosi e fratture
Autore: Dr. med. Lukas Barwitz
Il metabolismo osseo è un ciclo continuo di crescita e riassorbimento osseo magistralmente orchestrato dal rapporto dinamico fra osteoclasti, osteoblasti e una gamma di influssi ormonali e regolatori.
I relativi livelli di tali molecole di segnalazione decretano il verificarsi o meno di un metabolismo osseo sano e bilanciato.
Eventuali disordini in tale delicato equilibrio, con un riassorbimento osseo superiore alla crescita, possono causare l’indebolimento dell’architettura scheletrica e mettere un soggetto a rischio di sviluppare malattie croniche e debilitanti come l’osteoporosi.
Osteoporos
L’osteoporosi è una malattia in cui l’atrofia della massa ossea e la distruzione della microarchitettura del tessuto osseo aumentano il rischio di fratture. Diventa più comune con l’età ed è la causa principale di fratture ossee fra gli anziani. Ne sono colpiti circa il 15% dei cinquantenni e il 70% degli over 80; è più frequente fra le donne che fra gli uomini.
Più soggette a frattura sono vertebre, ossa dell’avambraccio e anche. Di norma, la frattura dell’osso non è preceduta da sintomi. Le ossa possono indebolirsi al punto tale da fratturarsi anche in presenza di uno stress minimo o addirittura spontaneamente. Alla frattura possono conseguire dolore cronico e una minore capacità di eseguire le normali attività.
La perdita di massa ossea aumenta dopo la menopausa a causa della riduzione del livello di estrogeni.
L’osteoporosi può essere anche la conseguenza di malattie o di terapie, fra cui l’alcolismo, l’anoressia, l’ipertiroidismo o la nefrosi.
Alcuni farmaci incrementano la percentuale di perdita ossea, come accade per esempio con alcuni antiepilettici, con la chemioterapia, i farmaci inibitori della pompa protonica, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e i glucocorticosteroidi.
Sono fattori di rischio anche il fumo e la carenza di esercizio fisico. L’osteoporosi viene definita come densità ossea al di sotto di 2.5 deviazioni standard rispetto a quella di un giovane adulto. La misurazione viene effettuata generalmente tramite densitometria ossea con tecnica DEXA (dual-energy X-ray absorptiometry).
Gli sforzi tesi a evitare che si verifichino fratture ossee in soggetti affetti da osteoporosi comprendono una corretta alimentazione, l’esercizio fisico e la prevenzione delle cadute. Anche smettere di fumare e di bere alcolici può aiutare.
Alcuni studi hanno dimostrato che i farmaci a base di bifosfonati sono utili in soggetti con fratture ossee pregresse dovute a osteoporosi.
La loro efficacia si riduce in soggetti con osteoporosi, ma senza fratture pregresse.
Esistono anche altri farmaci che possono essere di ausilio nel trattamento dell’osteoporosi.
La storia dei PEMF nella riparazione del tessuto osseo
Nel 1892, Wolf mostrò come lo stress meccanico inducesse la crescita e la ricostruzione osseai. Nel 1953, Yasuda rivelò che la curvatura delle ossa tubolari lunghe è collegata allo sviluppo di correnti elettriche e tale fatto viene definito fenomeno piezoelettrico.
Da allora, la teoria secondo la quale la stimolazione elettrica porta alla formazione dell’osso in risposta all’applicazione di un carico è stata gradualmente riconosciuta e sono stati sviluppati diversi dispositivi per la produzione di stimoli elettrici atti a favorire la guarigione delle fratture ossee.
Nel 1978, Bassett applicò per la prima volta dei PEMF non invasivi per trattare l’unione ritardata o la mancata unione di fratture, conseguendo un buon risultato clinico. Poco dopo, i PEMF venivano autorizzati dalla US Food and Drug Administration (FDA) come sistema sicuro ed efficace per curare le fratture a unione ritardata o a mancata unione.
I PEMF si basano sull’accoppiamento induttivo. I dispositivi PEMF sono costituiti da una bobina attraversata da una corrente che porta alla generazione di un campo magnetico pulsato. Il campo magnetico pulsato, a sua volta, induce all’interno dell’osso un campo elettrico secondario che varia nel tempo. Il campo elettrico secondario dipende dalle caratteristiche del campo magnetico pulsato applicato e dalle proprietà del tessuto.
I campi magnetici di 0.1-20 G vengono applicati di norma per produrre all’interno dell’osso campi elettrici che vanno da 1 mV/cm a 100 mV/cmvii.
Grazie al dispositivo generatore di PEMF si produce un campo elettrico che varia nel tempo per simulare fisiologicamente la normale risposta delle cellule allo stress meccanico applicatovi, e il campo elettrico variabile nel tempo dà il via al successivo aumento della crescita ossea e al bioeffetto di ricostruzione sull’osso stesso.
Effetto dei PEMF su osteoporosi e fratture
Vari studi hanno permesso di dimostrare gli effetti positivi che i PEMF esercitano sul metabolismo osseo e sulla guarigione delle fratture stimolando gli osteoblasti, l’assorbimento del calcio e la sua mineralizzazione in vitro e in vivo, rendendoli, quindi, un adeguato complemento al trattamento dell’osteoporosi e delle fratture.
Che cosa succede esattamente a livello cellulare?
Recentemente la ricerca è progredita a grande velocità nell’esplorazione del meccanismo cellulare e subcellulare che sta alla base dell’effetto di promozione della riparazione ossea esercitato dai PEMF. Vari studi hanno svelato l’esistenza di diversi percorsi di segnalazione chiave durante l’osteogenesi e l’angiogenesi, che sono due aspetti essenziali per la riparazione dell’osso.
ali percorsi di segnalazione emersi al momento dell’esposizione dell’osso ai PEMF comprendono Ca2+, Wnt/β-catenina, proteina chinasi attivata da mitogeno (MAPK), fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) e fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), fattore di crescita trasformante (TGF)- β/proteine morfogenetiche ossee (BMP), fattore di crescita insulino-simile(IGF), Notch, e proteina chinasi A cAMP-dipendente (PKA).
Per chi desideri approfondire i percorsi di segnalazione durante l’osteogenesi e l’angiogenesi influenzati dai PEMF, si consiglia la lettura di Yuan J et al. 2018. Underlying Signaling Pathways and Therapeutic Applications of Pulsed Electromagnetic Fields in Bone Repairxx e citazione:
Segnalazione Ca2+
Lo ione Ca2+ intracellulare è considerato generalmente come uno dei principali fattori in grado di trasformare il segnale PEMF in un segnale biologico.
Diversi studi hanno mostrato che il segnale PEMF passa attraverso la membrana cellulare per andare a innescare un campo
elettrico variabile nel tempo all’interno del citosol; tale campo elettrico induce successivamente il rilascio di Ca2+ intracellulare portando all’aumento del calcio citosolico, all’attivazione della calmodulina e al miglioramento della vitalità della cellula ossea.
I canali del calcio voltaggio-dipendenti (VGCC), in particolare il tipo L, svolgono un ruolo cruciale nel rilascio di Ca2+ intracellulare. L’esposizione ai PEMF aumentava significativamente i livelli di espressione dei VGCC nelle cellule staminali mesenchimali (MSC) durante l’osteogenesi.
La segnalazione attivata da PEMF accelera in modo sorprendente la differenziazione osteogenica delle MSC rappresentata dai marker osteogenici upregolati come il collagene I e ALP e dall’aumento della deposizione di calcio extracellulare.
Diversi studi hanno indicato che l’aumento di Ca2+ extracellulare indotto dalla stimolazione con PEMF porta a un incremento dei livelli di ossido nitrico che, a sua volta, incrementa il livello di sintesi del cGMP e la successiva attivazione della proteina chinasi G. Tramite il percorso Ca2+/ossido nitrico/cGMP/proteina chinasi G.
I PEMF favoriscono la differenziazione e maturazione degli osteoblasti, esercitano il proprio effetto terapeutico sulla riparazione dell’osso e riducono considerevolmente il dolore dei pazienti grazie alla modulazione del rilascio di citochine infiammatorie, come l’interleuchina-1 beta (IL-1β).
Inoltre, l’attivazione della cascata Ca2+/ossido nitrico/cGMP è anche strettamente correlata all’aumento dell’espressione dei fattori di crescita FGF-2 e VEGF, due regolatori chiave dell’angiogenesi.
È stato riportato anche il rapido scambio di informazioni tra segnalazioni Ca2+, ERK, PKA e PKG sotto stimolazione con PEMF. Tutte queste scoperte evidenziano il ruolo preponderante della segnazione Ca2+ nella riparazione ossea indotta da PEMF.
Percorso di segnalazione Wnt/β-cateninaEI ligandi extracellulari Wnt legano i propri recettori Frizzled a sette passaggi transmembrana simultaneamente con un corecettore della famiglia freccia/Lrp (p.es. LRP5 ed LRP6), stabilizzando in tal modo la β-catenina nel citoplasma e avviando il percorso di segnalazione canonico Wnt/β-cateninaxxx.
Tale percorso di segnalazione è conservato attraverso i metazoi ed è essenziale per la proliferazione, la differenziazione, lo sviluppo, l’auto-rinnovamento e la determinazione del destino cellulare.
Numerose prove hanno suggerito che il percorso di segnalazione Wnt/β-catenina agisce come regolatore chiave nella differenziazione osteogenica delle cellule progenitrici mesenchimali e nella formazione e riparazione dell’osso indotte da PEMF.
Per esempio, in studi su prove in vitro, le espressioni del gene e della proteina del percorso di segnalazione canonico Wnt/β-catenina, inclusi Wnt1, LRP6 e β-catenina, risultavano tutte significativamente potenziate dopo l’esposizione ai PEMF, sia a livello di proliferazione che di differenziazione delle cellule pre-osteoblastiche MC3T3-E.
In più, a eccezione dell’upregolazione delle espressioni mRNA di Wnt1, Wnt3a, LRP5 e β-catenina in cellule staminali mesenchimali prelevate da tessuto (ADSC), l’intervento dei PEMF era stato anche in grado di ridurre l’espressione del dickkopf1 (DKK1) che si comporta normalmente come un inibitore del percorso di segnalazione W.
Inoltre, l’aumento della segnalazione Wnt/β-catenina indotto dai PEMF incrementava notevolmente l’espressione dei geni target Ccnd 1 e Ccne 1 correlati alla fase di proliferazione e dei geni ALP, OCN , COL1 e Runx2 correlati alla fase di differenziazione nelle cellule osteoblastiche con conseguente accelerazione della proliferazione, differenziazione e mineralizzazione degli osteoblasti, tre processi cruciali nella formazione dell’osso.
D’altro canto, secondo degli studi condotti su prove in vitro, i PEMF sono riusciti a invertire efficacemente la perdita di massa ossea e il deterioramento della microarchitettura ossea analizzata tramite microCT e hanno attenuato il deterioramento della forza biomeccanica valutato tramite test di flessione in tre punti in topi ovariectomizzati sospesi tramite un arto posteriore attraverso il percorso di segnalazione Wnt/Lrp5/β-catenina, mostrando come l’attivazione di tale percorso indotta dall’esposizione ai PEMF sia benefica in caso di malattie ossee.
Percorso MAPK
Il percorso MAPK è importante nella trasduzione dei segnali extracellulari a vari compartimenti cellulari ed è implicato nella proliferazione, differenziazione, migrazione e morte cellulare.
I MAPK convenzionali includono Erk1/2, JNK e p38. Il percorso MAPK svolge un ruolo critico nella differenziazione osteogenica e nella vitalità e funzionalità degli osteoblasti indotte da PEMF.
Per esempio, la terapia con campi elettromagnetici a frequenza estremamente bassa (ELF-PEMF) potrebbe incrementare in modo significativo il contenuto totale di proteine, l’attività mitocondriale e l’attività ALP, oltre ad aumentare la formazione della matrice mineralizzata di osteoblasti umani con scarsa funzionalità osteoblastica iniziale tramite attivazione del percorso di segnalazione ERK1/2.
Quando le cellule venivano trattate con U0126, un inibitore della cascata di segnalazione ERK1/2, gli effetti positivi del trattamento con PEMF a bassa frequenza sul funzionamento degli osteoblasti venivano meno.
Altri studi hanno anche rivelato che il percorso di segnalazione MEK/ERK regolava gli effetti stimolatori dei PEMF sulla proliferazione delle cellule staminali mesenchimali del midollo osseo (BMSC), l’espressione dei geni osteogenici (RUNX2, BSP, OPN), l’attività ALP e la deposizione di calcio.
Inoltre, uno studio ha riportato che il percorso p38 MAPK è coinvolto nell’aumento della produzione della sintesi di collagene in cellule pre-osteoblastiche stimolate dall’esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza (ELF EMFEMF Campi Elettro Magnetici).
Curiosamente, una recente ricerca ha mostrato come un campo elettromagnetico a 45 Hz abbia stimolato la differenziazione osteogenica di cellule staminali prelevate da tessuto adiposo, laddove un campo elettromagnetico a 7,5 Hz ha aumentato direttamente l’espressione di marcatori osteoclastogenici e ha regolato la differenziazione degli osteoclasti tramite l’attivazione di ERK e p38 MAPK. Tale scoperta ha indicato come i PEMF possano influenzare simultaneamente sia le attività osteoblastiche che quelle osteoclastiche in presenza di determinate condizioni elettromagnetiche.
Percorsi FGF e VEGF
L’osteogenesi e l’angiogenesi, inclusa la comunicazione cellulare fra cellule dei vasi sanguigni e cellule ossee, sono essenziali per la riparazione dell’osso. Diversi studi hanno evidenziato l’effetto stimolante che i PEMF esercitano non solo nell’osteogenesi, ma anche nell’angiogenesi. I PEMF possono agevolare la riparazione ossea aumentando l’interazione fra l’osteogenesi e la crescita dei vasi sanguigni. Durante tale complicato processo, FGF e VEGF, due citochine chiave legate all’angiogenesi, possono svolgere un ruolo di regolazione critico.
È stato dimostrato che il percorso di segnalazione FGF contribuisce alla regolazione della proliferazione e differenziazione degli osteoblasti e all’angiogenesixlvii ed è anche stato riportato che il percorso di segnalazione VEGF è implicato in un rapporto reciproco, funzionale e regolatore fra osteoblasti e cellule endoteliali durante l’osteogenesi.
Uno studio ha indicato il rilevamento di un aumento del 150% nell’FGF-2 mRNA e di un aumento quintuplicato delle proteine FGF-2 in cellule endoteliali della vena ombelicale umana (HUVEC) sottoposte a PEMF e il rilascio di FGF-2 funzionale da HUVEC stimolate da PEMF incrementava in modo particolare la proliferazione e la tubulizzazione delle cellule endoteliali, processi importanti per la formazione dei vasilii. KDR/Flk-1, un recettore tirosin chinasico del VEGF, è autofosforilato in risposta alla stimolazione del VEGF ed è in grado di trasdurre i segnali VEGF.
Una ricerca ha rivelato che la stimolazione con PEMF incrementava significativamente l’espressione e i livelli fosforilati di KDR/Flk-1 e stimolava la proliferazione, migrazione e formazione del tubo delle cellule HUVEC.
L’effetto pro angiogenesi tramite i percorsi di segnalazione FGF e VEGF dei PEMF spiega ulteriormente la funzione terapeutica dei PEMF nella riparazione ossea. Servono ancora, comunque, diversi studi per chiarire maggiormente l’efficacia di FGF e VEGF nella riparazione ossea indotta da PEMF.
Percorso TGF-β/BMP
TGF-β e BMP, in quanto fattori di crescita multifunzionali, appartengono alla super famiglia TGF-β. L’interazione di TGF-β/BMP con TGF-β specifico tipo 1 e tipo 2 o con i recettori serina/treonina chinasi BMP dà il via alla cascata di segnalazione tramite percorsi canonici (o percorsi dipendenti da Smad) e non canonici (o percorsi di segnalazione non dipendenti da Smad).
Il percorso di segnalazione TGF-β/BMP svolge un ruolo di regolazione importante nella riparazione ossea.
È stato anche confermato il suo coinvolgimento nell’osteogenesi indotta da PEMF. Diversi studi hanno dimostrato che la stimolazione con PEMF potrebbe incrementare significativamente l’espressione del TGF-β sia nelle cellule pre-osteoblastiche che nelle cellule derivanti da mancate unioni atrofiche o ipertrofiche.
Inoltre, una ricerca recente ha indicato che i PEMF attivavano la segnalazione TGF-β via Smad2 in osteoblasti differenziati e mineralizzanti e aumentavano l’espressione dei marcatori genetici di differenziazione osteoblastica, come per esempio ALP e collagene di tipo I, esercitando la loro funzione di stimolazione dell’osteogenesi.
I PEMF potenziavano anche l’espressione delle proteine BMP nell’osteogenesi secondo degli studi in vitro e clinici.
Inoltre, un altro studio recente ha rivelato che i PEMF stimolano la differenziazione osteogenica e la maturazione degli osteoblasti tramite espressione upregolata, mediata dal cilio primario, di BMPRII, uno dei recettori delle BMP, e successivamente l’attivazione della segnalazione BMP-Smad1/5/8.
Dati gli effetti stimolanti separati sulla differenziazione e maturazione di osteoblasti di BMP e PEMF, diversi studi hanno scoperto che la stimolazione combinata di BMP e PEMF porterebbe a un incremento della formazione ossea superiore rispetto al trattamento con uno solo dei due stimoli.
Altri percorsi
Il percorso di segnalazione IGF è un’altra segnalazione importante coinvolta nella differenziazione osteoblastica e nella formazione ossea. È stato riportato che i PEMF incrementano significativamente il livello dell’espressione mRNA di IGF-1 e stimolano la formazione ossea nei tessuti femorali di topi in vitrolxxv.
Inoltre, IGF-1 abbinato ai PEMF aumentava le attività anaboliche di espianto della cartilagine, incrementava la sintesi di PG, limitava l’effetto catabolico di IL-1b e mostrava un effetto condroprotettivo sinergistico sulla cartilagine articolare umana.
Un altro studio mostrava che il desametasone abbinato ai PEMF upregolava l’espressione mRNA di IGF-1 e incrementava la perdita ossea indotta da desametasone e l’osteoporosi.
La segnalazione Notch è un percorso altamente conservato che regola le decisioni sul destino cellulare e lo sviluppo scheletrico.
Una ricerca recente sosteneva che i livelli di espressione del recettore Notch (Notch4) e del suo legando DLL4 e dei geni nucleari target (Hey1, Hes1, e Hes5) erano upregolati durante la differenziazione osteogenica delle hMSC indotta da PEMF.
Inoltre, gli inibitori del percorso Notch inibivano efficacemente l’espressione dei marcatori osteogenici, inclusi Runx2, Dlx5, Osterix, così come Hes1 ed Hes5, mostrando come la segnalazione Notch svolga un ruolo di regolazione importante nella differenziazione osteogenica delle hMSC indotta da PEMF.
Il percorso di segnalazione cAMP/PKA è un’altra segnalazione implicata nella riparazione ossea indotta da PEMF.
Studi recenti hanno dimostrato che i PEMF incrementavano considerevolmente il livello di cAMP e l’attività della PKA accelerando la differenziazione osteogenica delle MSC.
Applicazione terapeutica dei PEMF nella riparazione del tessuto osseo
Gli effetti stimolanti dei PEMF su osteogenesi e angiogenesi nella riparazione ossea sono stati accertati nell’ambito di studi su animali in vitro o in vivo. Diversi percorsi di segnalazione chiave implicati nella riparazione ossea indotta da PEMF sono stati esaminati sopra.
Inoltre, decenni e decenni di applicazioni di PEMF nel trattamento di malattie dell’apparato scheletrico hanno dimostrato i loro potenziali benefici nella riparazione del tessuto osseo.
Osteoporosi
L’osteoporosi è un problema sanitario mondiale caratterizzato da un elevato tasso di morbilità, specialmente in donne in post-menopausa. Viene generalmente definita come una malattia sistemica dell’apparato scheletrico, caratterizzata da una ridotta densità minerale ossea (BMD) e dalla compromissione della solidità ossea che portano a un aumento della fragilità ossea, all’incremento del rischio di fratture e a una conseguente disabilità in grado di influenzare notevolmente la qualità di vita dei pazienti.
Siccome esperimenti condotti dalla NASA fra il 1976 e il 1979 hanno permesso di decretare che i PEMF sono efficaci quanto la stimolazione meccanica nel mantenere o migliorare la massa ossea, diversi studi clinici hanno gradualmente conseguito effetti terapeutici positivi nel trattamento dell’osteoporosi tramite esposizione ai PEMF. l dolore cronico è un sintomo comune nelle persone affette da osteoporosi.
Diverse sperimentazioni randomizzate controllate hanno indicato che l’esposizione ai PEMF sarebbe in grado di alleviare il dolore cronico provocato dall’osteoporosi. Inoltre, in uno studio su 126 pazienti con osteoporosi primaria, i PEMF hanno esercitato un effetto più rapido e significativo nell’alleviare il dolore in pazienti con osteoporosi di tipo 1 rispetto a quelli con tipo II84.
La BMD è il “gold standard” per la diagnosi dell’osteoporosi e il miglior indicatore quantitativo per la previsione del rischio di fratture osteoporotiche, grazie al monitoraggio del naturale andamento della malattia e alla valutazione dei suoi effetti.
Tabrah ha indicato che la BMD del radio trattato era notevolmente aumentata nella sesta settimana in uno studio clinico condotto su 20 donne con osteoporosi postmenopausale (PMOP) trattata con PEMF.
Nella ricerca di Garland, che valutava l’effetto dei PEMF sull’osteoporosi del ginocchio in soggetti con lesione del midollo spinale, la BMD era ugualmente aumentata. A tre mesi, la BMD era aumentata del 5.1% nelle ginocchia stimolate, ma scendeva al 6.6% nelle ginocchia di controllo.
Il trattamento con PEMF, in quanto metodo terapico fisico non invasivo, non ha gli svantaggi della farmacoterapia per l’osteoporosi, inclusi i molteplici effetti collaterali, il maggior costo e la bassa persistenza.
Ancor più importante, una sperimentazione clinica con controllo attivo sull’osteoporosi postmenopausale (PMO) nel sudest della Cina ha indicato che i PEMF avevano il medesimo effetto dell’alendronato, che è attualmente il farmaco più comunemente prescritto per il trattamento della PMO, nell’arco di 24 settimane.
Tutti questi risultati supportano l’efficienza e la sicurezza dei PEMF per il trattamento dell’osteoporosi e quale vantaggiosa strategia di trattamento per il futuro.
Fratture, unioni ritardate e mancate unioni
Le fratture, in particolare quelle che si sono evolute in unioni ritardate o addirittura in mancate unioni, hanno un sostanziale impatto clinico, economico e sulla qualità della vita.
A prescindere dalla gestione chirurgica tradizionale e dalla fissazione rigida (interna o esterna), i PEMF non invasivi sono già efficacemente in uso nelle cliniche da circa quarant’anni, da quando cioè sono stati autorizzati per la prima volta dalla US Food and Drug Administration, come terapia fisica volta ad accelerare e a completare il processo di guarigione di una frattura fresca e a riattivare il processo di guarigione di unioni ritardate e mancate unioni.
Una revisione sistematica e meta-analisi recente di sperimentazioni randomizzate controllate ha mostrato che i PEMF riducevano significativamente i tempi di unione radiologica di fratture acute non sottoposte a trattamento chirurgico e di fratture acute dell’arto superiore e acceleravano i tempi dell’unione clinica di fratture diafisarie acute.
Inoltre, uno studio prospettico che valutava l’effetto del trattamento con PEMF su 64 pazienti sottoposti ad artrodesi del retropiede (144 articolazioni) ha indicato che l’uso aggiuntivo di un PEMF nell’artrodesi elettiva del retropiede può incrementare il tasso e la velocità dell’unione radiografica di tali articolazioni.
Nonostante la relativa scarsità di studi controllati randomizzati ben organizzati, diversi studi evidenziano l’utilità nella pratica dei PEMF nel trattamento di unioni ritardate e mancate unioni della tibia, con efficacia fino all’87%.
Inoltre, in un’ampia revisione della letteratura in cui venivano messi a confronto il trattamento di mancate unioni con PEMF con la terapia chirurgica, Gossling notava che la percentuale di casi guariti con i PEMF era pari all’81% verso un 82% di guarigioni ottenute tramite trattamento chirurgico.
Gli ovvi vantaggi terapeutici dei PEMF rispetto alla chirurgia emergevano nel trattamento di mancate unioni infette (81% verso 69%) e di mancate unioni provocate da ferite cicatrizzate (85% verso 79%).
Un recente studio in doppio cieco randomizzato ha sostenuto, inoltre, che l’uso aggiuntivo dei PEMF in mancate unioni di fratture del quinto metatarso riduceva sensibilmente i tempi medi di completamento dell’unione radiografica da 14,7 settimane a 8,9 settimane rispetto al gruppo di controllo non sottoposto a PEMF.
Gli elevati livelli di espressione di PIGF, BMP-5 e BMP-7, regolatori chiave di angiogenesi e osteogenesi, sono stati individuati per la prima volta nell’ambiente della mancata unione prima e dopo l’applicazione di PEMF.
Tali studi supportano mirabilmente la terapia con PEMF quale metodo opzionale ed efficace per accelerare la guarigione delle fratture.
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